Simone Fazzari e Barry Smith Law Offices
Simone Fazzari e Barry Smith Law Group
La responsabilità notarile è un tema portato spesso all’attenzione della giurisprudenza.
La ragione ultima dell’attualità giuridica dell’argomento si rinviene nell’ambivalenza della figura del notaio, che è al contempo pubblico ufficiale cui la legge affida il compito di ricevere gli atti tra vivi e di ultima volontà, attribuire loro pubblica fede, conservarne il deposito, rilasciarne le copie, i certificati e gli estratti e libero professionista nel momento in cui svolge tutte quelle attività che non rientrano specificamente nell’esercizio di una pubblica funzione.
Tale duplicità si riflette inevitabilmente sui rapporti con i soggetti che si avvalgono della sua opera, affidandosi alla sua perizia; nei confronti di questi, infatti, il notaio è vincolato tanto all’osservanza delle norme di legge che regolano la sua pubblica funzione (così l’obbligo di prestare il proprio ministero, ove richiesto, di cui all’art. 27 della l. n.), quanto delle norme civilistiche che impongono un’esecuzione particolarmente diligente della prestazione professionale (così l’art. 1176, secondo comma, c.c. che impone di valutare la diligenza richiesta per l’adempimento di obbligazioni inerenti all’esercizio di attività professionale avendo riguardo alla natura dell’attività stessa). A ciò deve aggiungersi che il notaio si trova in una posizione di terzietà rispetto alle parti, delle quali deve tutelare gli interessi al fine di garantire l’esatta realizzazione degli obiettivi che le stesse si sono preposti; l’obbligazione che egli assume è, secondo le regole generali, un’obbligazione di mezzi e non di risultato, tuttavia tale obbligazione non si esaurisce nell’indagine della volontà delle parti preordinata alla redazione dell’atto pubblico, ma comprende anche le fasi preparatorie e successive alla stipula.
Occorre quindi domandarsi quando e in che misura il notaio possa dirsi inadempiente nei confronti delle parti.
Sotto questo profilo, la sentenza in commento non sembra presentare elementi in grado di innovare il sistema.
Il caso da cui trae origine riguarda un acquisto immobiliare, compiuto dai ricorrenti prima del 1996 e avente ad oggetto un immobile gravato da due ipoteche; a seguito di un errore materiale (secondo la ricostruzione dei fatti compiuta dalla Corte d’Appello che ha emanato la sentenza impugnata con ricorso per Cassazione) nell’atto notarile una delle due ipoteche era stata indicata con un numero sbagliato, pur avendo il pubblico ufficiale provveduto ad informare il legale delle parti acquirenti di tale circostanza con una lettera certificato. Gli acquirenti avevano quindi agito in giudizio per fare accertare la responsabilità del notaio e ottenere la condanna al rimborso, da parte di questi, di quanto sborsato per la cancellazione dell’ipoteca stessa, ma la loro domanda era stata respinta, tanto in primo quanto in secondo grado.
La Suprema Corte, al pari, rigetta il ricorso proposto dagli acquirenti dell’immobile, ritenendo inammissibile le doglianze avanzate contro la sentenza impugnata, per il primo motivo in quanto non qualificabile nei termini di violazione e falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 n. 3 c.p.c.), bensì come travisamento dei fatti, censurabile solo ai sensi dell’art. 395 n. 4 c.p.c., ossia con il mezzo della revocazione, per il secondo motivo in quanto carente della necessaria specificità, non essendosi contrapposto in maniera specifica, appunto, alle considerazioni svolte nella sentenza impugnata, avendo la Corte d’Appello, invece, fondato la propria decisione non sull’esclusione di ogni errore da parte del professionista, come lamentato dai ricorrenti, bensì sulla considerazione che tra l'errore materiale del notaio e l'evento di danno lamentato dagli attori in effetti non sussisteva alcun nesso causale.
La prova di tale nesso di causalità si pone quindi, secondo le regole generali, come elemento decisivo nella configurabilità di una responsabilità in capo al professionista.
Resta aperto, invece, il problema di determinare le ipotesi in cui tale responsabilità possa sorgere, ossia la violazione di quali doveri professionali rilevi sul piano contrattuale come fonte che legittima una richiesta risarcitoria.
Da un’attenta lettura della sentenza, tuttavia, si ricava che, ancora una volta, e in coerenza con l’orientamento affermato nella materia de qua, la Corte pone l’accento sul profilo dell’informazione, ossia sul dovere del professionista di mettere le parti a conoscenza dei rischi connessi con l’acquisto, il che si ricollega, in linea generale, al principio dell’affidamento, sempre più spesso richiamato quale principio ispiratore del sistema in materia contrattuale.
Ciò che rileva, dunque, affinché la prestazione professionale del notaio possa dirsi diligentemente adempiuta ai sensi dell’art. 1176 c.c., è che egli abbia rese edotte le parti delle conseguenze giuridiche dell’atto che si sarebbero apprestate e porre in essere, eventualmente richiamando la loro attenzione su quegli elementi di maggiore criticità, quali per esempio la necessità di verificare che la cosa oggetto dell’atto sia effettivamente nella disponibilità della controparte negoziale o l’opportunità di procedere ad ulteriori verifiche al fine di valutare la libertà del bene da pesi o diritti a favore di terzi.
In particolare il tema delle visure ipocatastali, dalle quali è possibile ricavare la situazione giuridica dell’immobile, è stato oggetto di numerose pronunce giurisprudenziali, volte a sottolineare l’importanza che il notaio si occupi di effettuarle o comunque metta al corrente la parte acquirente dell’importanza di conoscere la presenza o meno di formalità pregiudizievoli per l’immobile (Cass. Civ., sez II, 26 gennaio 2004, n. 1330; Cass. Civ. Sez. III, 18 aprile 2005, n.7996). E la prassi notarile che si è affermata negli ultimi tempi conferma la tendenza a porre particolare attenzione a questi profili; così sono ormai rare le ipotesi in cui le parti esonerino il notaio dall’effettuare le visure, clausola questa che in passato ha dato adito a problemi e incertezze e che oggi è viepiù limitata anche dagli interventi del legislatore in materia. Si pensi per esempio al d.l. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni nella l. 30 luglio 2010, n. 122, che ha modificato l’art. 29 della legge 27 febbraio 1985, n. 52 introducendo un comma uno bis, il quale prevede che gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di diritti reali su fabbricati già esistenti ad esclusione dei diritti reali di garanzia, devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie. Prima della stipula dei predetti atti, il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari.
La norma, pur avendo una portata ridotta solo a determinate categorie di atti (ossia quelli con i quali si costituiscono, trasferiscono o estinguono diritti reali ad eccezione dei diritti reali di garanzia) e di beni (ossia unità immobiliari urbane facenti parte di fabbricati già esistenti) comporta che un controllo sulle visure catastali e sulle risultanze dei registri immobiliari, anche minimo, deve oggi essere effettuato dal notaio, il che garantisce una maggiore ponderazione delle scelte dei contraenti, con positive ricadute nel sistema economico, nonché in quello di amministrazione della giustizia. Acquisti sicuri significano infatti minor contenzioso e maggiore soddisfazione sociale.
In linea generale può quindi osservarsi che la tendenza del legislatore a intervenire con legge nella definizione dei compiti del notaio, anche nello svolgimento di quelle fasi prodromiche e successive al rogito che, come si è visto, rientrano nell’ampio concetto di prestazione notarile, è sintomatica di una volontà di tutela delle parti, che si affidano al notaio non solo e non tanto – forse – in quanto libero professionista, ma piuttosto in quanto garante della legalità dei traffici giuridici.
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